Considerare l’apparato urinario come un insieme di serbatoi (bacinetto renale e vescica), condotti (uretere, uretra), giunzioni e valvole (giunto pielo-ureterale, giunzione uretero-vescicale e vescico-uretrale) permette di applicare a tale apparato principi e leggi della fisica e di interpretare i fenomeni riguardanti la raccolta ed il trasporto dell’urina in termini di flusso, pressione, resistenza.
Mediante lo studio dei vari dati di pressione, flusso ed elettromiografia diviene possibile identificare e quantizzare le alterazioni funzionali che sono alla base della maggior parte delle patologie funzionali od organiche dell’apparato urinario.
Pur essendo l’urodinamica applicabile in uguale misura sia all’alto sia al basso apparato urinario, sicuramente lo studio della funzionalità vescico-uretrale è quello che riveste una maggiore importanza dal punto di vista clinico, diagnostico, terapeutico. Questo per due motivi: da un lato la maggior frequenza di patologie funzionali vescico-sfinteriche, dall’altro una minore intrinseca difficoltà nell’effettuare le varie misurazioni.
“Apparecchiatura per esami urodinamici”
Lo studio funzionale delle basse vie urinarie comprende l’esame delle due funzioni principali dell’apparato vescico-uretrale: la raccolta passiva delle urine e la loro espulsione attiva all’esterno. Anche da un punto di vista clinico, i vari disturbi della minzione sono schematizzabili in due gruppi: da un lato quelli derivanti da un’alterazione della funzione di raccolta, consistenti in sintomi di tipo “irritativo” (aumentata frequenza delle minzioni, urgenza minzionale, incontinenza), dall’altro lato quelli derivanti da un’alterazione della funzione di espulsione, consistenti in sintomi di tipo “ostruttivo” (difficoltà ad emettere l’urina o disuria, ritenzione).
Prenderemo in esame quelle patologie di più frequente riscontro clinico e nelle quali l’urodinamica assume un ruolo fondamentale.
Circa il 10 per cento dei bambini di sei anni presenta enuresi notturna. In ogni prima classe elementare è quindi presente, probabilmente, un certo numero di bambini (in media due o tre) che, in gran segreto e con una certa vergogna, bagna il letto.
In genere il problema cessa spontaneamente con il tempo, ma esistono numerose eccezioni a questa regola. La notevole incidenza di guarigioni spontanee e la constatazione dello scarso numero di patologie organiche nei pazienti con enuresi primaria e monosintomatica consigliano un approccio diagnostico il meno invasivo possibile: l’indagine urodinamica non occupa un ruolo fondamentale nello studio di questi piccoli pazienti.
Al contrario, l’urodinamica diviene indispensabile nei casi di enuresi secondaria, cioè nei bambini che presentano disturbi minzionali anche durante il giorno e nell’adulto. La scelta di una specifica terapia farmacologica o chirurgica e/o di un trattamento riabilitativo non può che basarsi, infatti, sull’evidenziazione di un’alterazione funzionale od organico-funzionale a carico dell’apparato vescico-uretrale.
La capacità di controllo della funzione contenitiva della vescica (funzione di raccolta) rappresenta un fattore essenziale nella nostra vita quotidiana, ma è probabile che ce ne rendiamo conto solo allorché tale funzione vada perduta. L’incontinenza urinaria rappresenta una condizione stressante, avvilente ed a volte invalidante; in aggiunta alla sua importanza dal punto di vista medico, presenta rilevanti implicazioni sociali ed economiche.
“Esame urodinamico nella donna”
Sino a non molti anni or sono l’unica possibile soluzione terapeutica proponibile per tale patologia consisteva nell’intervento chirurgico; oggi, grazie all’avvento dell’urodinamica, le cose sono radicalmente cambiate. Attualmente sono oltre 200 le tecniche chirurgiche mediante le quali è possibile intervenire sull’incontinenza urinaria, ma poiché non esiste una rispondenza automatica tra intervento chirurgico e risoluzione del disturbo è di fondamentale importanza uno studio diagnostico funzionale estremamente approfondito, al fine di individuare, fra le differenti possibilità terapeutiche, quella che assicura l’esito ottimale (non è detto che l’intervento sia la scelta migliore).
L’incontinenza urinaria femminile, ad esempio, può dipendere dalla presenza di due distinti fattori o dall’associazione di entrambi, che soltanto l’esame urodinamico è in grado di individuare: tali fattori vengono definiti “cause uretrali” e “cause vescicali”, a seconda se si tratti di una debolezza dei meccanismi di chiusura dell’uretra ovvero di contrazioni “spontanee” e non controllabili della vescica.
L’esatta identificazione della causa dell’incontinenza o del disturbo minzionale permetterà dunque di scegliere la migliore terapia disponibile, che potrà essere chirurgica, farmacologia, riabilitativa.
La valutazione diagnostica di un paziente affetto da un sintomatologia minzionale di tipo “irritativo” (aumentata frequenza delle minzioni o pollachiuria) e “ostruttivo” (difficoltà ad emettere l’urina o disuria) riferibile al cosiddetto “prostatismo” deve avere come obiettivo fondamentale quello di riconoscere la presenza o meno di un’ostruzione, secondariamente di stabilirne la sede, la natura, il grado. L’esame clinico e la radiologia tradizionale (urografia ed ecografia) non sono in grado di accertare se la sintomatologia accusata dal paziente sia imputabile con sicurezza a una condizione ostruttiva. In una gran parte dei casi è possibile una diagnosi di presunzione, ma non di certezza. Soltanto un’accurata valutazione urodinamica può consentire un inquadramento preciso del problema.
L’introduzione dell’urodinamica nella diagnostica delle ostruzioni prostatiche ha consentito di eliminare tutte quelle incertezze che, nella pratica urologica, derivano da una diagnosi fatta esclusivamente in base a criteri clinici e a studi morfologici (radiologici, ecografici ed endoscopici) tradizionali. Già una semplice flussometria, che consiste nella registrazione del flusso minzionale spontaneo, può assumere un notevole significato quale indagine di screening nel soggetto con una sospetta ostruzione: è un esame oggettivo, facile e di rapida di esecuzione ed a basso costo; a suo sfavore vanno ricordati i limiti interpretativi: la registrazione di un basso flusso minzionale, infatti, anche se pone il sospetto non è totalmente indicativa di ostruzione, poiché un basso flusso può essere espressione di una debole forza di spinta vescicale e d’altra parte valori normali di flusso minzionale non escludono con assoluta certezza la presenza di ostruzione (il flusso può infatti risultare normale a spese di elevate pressioni di svuotamento vescicale).
Se si associa all’esecuzione di una flussometria minzionale la contemporanea registrazione della pressione vescicale si superano i suddetti limiti interpretativi. La condizione ostruttiva viene inequivocabilmente documentata dal rilevamento di un’elevata pressione all’interno della vescica e di un basso flusso minzionale; la condizione opposta (bassa pressione e flusso normale) esclude con assoluta certezza la presenza di ostruzione.
Si parla di danno neurogeno dell’apparato vescico-sfintenico quando la funzione di raccolta e/o la funzione di espulsione risultano alterate in seguito a una lesione del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) o periferico (radici nervose, nervi periferici).
Tra i fattori eziologici più conosciuti vi sono la spina bifida con mielomeningocele, i traumi vertebro-midollari, le mielopatie infettive, tumorali, vascolari o degenerative, il parkinsonismo, la sclerosi multipla, il diabete e l’alcolismo, come pure i traumatismi chirurgici che possono sopravvenire in corso di isterectomia, amputazione addomino-perineale del retto e interventi per ernia discale.
L’esecuzione dell’indagine urodinamica come esame routinario in tali pazienti ha consentito una migliore comprensione delle diverse alterazioni funzionali che si vengono ad instaurare a carico dell’apparato vescico-uretrale, contribuendo, nel corso degli ultimi anni, alla nascita della vera e propria superspecialità nell’ambito dell’urologia: la neuro-urologia. Sono sorte così nuove metodiche riabilitative, accanto a nuove terapie di carattere medico e chirurgico, che hanno notevolmente migliorato il destino di questi pazienti.
Le differenti condizioni di alterato funzionamento indicano strategie terapeutiche e riabilitative completamente diverse e non si può quindi prescindere da un’accurata valutazione urodinamica, che in questo caso viene definita “video-urodinamica” a causa della simultanea valutazione dei dati pressori ed elettrici insieme a quelli radiologici.
Non si è di voluto, in questa esposizione, descrivere dettagliatamente un esame urodinamico in quanto la scelta e la sequenza dei differenti test da effettuare variano a seconda delle diverse patologie funzionali od organiche e della diversa esperienza dell’esaminatore.
Se da una parte infine è opportuno sottolineare la particolare delicatezza dell’esame, è anche doveroso ridimensionare il timore dei pazienti e spesso anche dei medici circa la presunta eccessiva invasività dell’indagine, che si traduce, in termini pratici, nell’introduzione di uno speciale piccolo catetere vescicale tramite l’uretra e nel posizionamento di elettrodi o di una piccola sonda a palloncino nell’ampolla rettale.