Parte prima
Generalità, fisiopatologia, diagnostica
I calcoli renali sono elementi di consistenza “dura” costituiti da una componente solida cristallina frammista ad una matrice organica, composta da proteine normalmente presenti nell’urina. La maggior parte dei calcoli si forma nella parte distale del nefrone, al limite tra il parenchima e la via escretrice.. Poichè i calcoli si formano a tale livello, la loro presenza all’inizio è spesso asintomatica e rilevata solo ai controlli radio-ecografici eseguiti, ad esempio, per indagare una inspiegata presenza di tracce di sangue nelle urine. Infatti, sebbene adesi al parenchima, i calcoli sono in grado di causare un danno locale ed un sanguinamento rilevabile all’esame delle urine di routine. Quando un calcolo si distacca dal punto dove si è formato, cade nel sistema urinario collettore, potendo giungere attraverso esso fino alla vescica. Piccoli calcoli inferiori a 5 mm, solitamente riescono ad essere espulsi spontaneamente, a differenza di quelli maggiori di 7 mm, che normalmente richiedono terapie aggiuntive. In entrambi i casi la migrazione del calcolo può causare dolore intenso, sanguinamento e dilatazione della via escretrice a monte.
I calcoli contenenti calcio risultano variamente radiopachi, sono di colorito bruno, presentando sulla superficie spicole acuminate.
I calcoli di acido urico invece sono radiotrasparenti ai radiogrammi convenzionali, poichè contengono soltanto carbonio, azoto ed ossigeno; risultano comunque visibili alla TAC e, come immagine di “minus”, all’urografia. Sono di colore che varia dal giallo-arancio al mattone.
I calcoli di struvite e di cistina risultano debolmente radiopachi: talora il loro accrescimento all’interno delle cavità renali può andare ad occupare tutto il sistema escretore renale, determinando quella situazione che è definita calcolosi racemosa.
Più raramente, i cristalli non vanno a costituire un calcolo compatto, ma degli aggregati “molli” che possono comunque causare algie, sanguinamento ed ostruzione. La calcolosi “molle” può non essere rilevata radiologicamente.
Il rilievo di “renella” nelle urine può anche essere macroscopico, il sedimento uratico ne è un tipico esempio. Nel sedimento urinario della maggior parte dei pazienti che formano calcoli possono essere rilevati cristalli in maggiore o minor misura: questi cristalli sono normalmente eliminati in modo asintomatico, ma riflettono uno stato di predisposizione alla calcolosi.
Ossalato di calcio
I calcoli renali più comuni sono costituiti da ossalato di calcio. L’equilibrio metabolico del calcio, fra quello depositato nel tessuto osseo e quello introdotto con gli alimenti è regolato in modo molto delicato, tendente a renderne costante il valore nel sangue e nelle urine. L’ossalato è un prodotto endogeno del metabolismo intermedio, è anche presente in molti alimenti; il calcio e l’ossalato, all’interno del nefrone distale, si combinano in un sale molto insolubile che cristallizza facilmente in formazioni litiasiche. La formazione di questi calcoli è irreversibile, pertanto, una volta presenti nelle vie urinarie, devono essere espulsi spontaneamente, rimossi oppure frammentati con le moderne tecniche oggi a disposizione.
Acido urico
Meno comuni ma molto importanti sono i calcoli di acido urico, puro o combinato ad ossalato di calcio. L’acido urico, catabolita del DNA e dell’RNA, cristallizza in calcoli quando le urine sono cronicamente acide: ne derivache gli stessi calcoli possano subire un processo di dissoluzione alcalinizzando le urine.
Le cause di un’urina abnormemente acida possono essere di natura ereditaria (gotta) o legati a nefropatie e patologie intestinali, oppure ancora ad un’alimentazione esageratamente ricca di purine.
Fosfato di calcio
Ancora meno comuni sono i calcoli di fosfato di calcio. Quotidianamente elevate quantità di fosfati introdotte con gli alimenti sono eliminate nelle urine di persone normali. Solitamente la causa di calcoli di fosfato di calcio è una patologia che aumenta il calcio urinario e rende le urine abnormalmente alcaline. Quando l’urina è acida, l’ipercalciuria produce principalmente calcoli di ossalato di calcio ma quando l’urina è alcalina il calcio è legato dai fosfati urinari con produzione di calcoli di fosfato di calcio. Tracce di fosfato di calcio sono spesso riscontrate nei calcoli di ossalato di calcio e non hanno significato clinico. Calcoli di fosfato di calcio vengono formati in soggetti affetti da iper-paratiroidismo.
Struvite
I calcoli di struvite (triplo fosfato di calcio, magnesio ed ammonio) sono sempre causati da un’infezione urinaria. Alcuni batteri (Proteus, Klebsiellae, Pseudomonas, Enterococchi) hanno la capacità di scindere l’urea, disponendo dell’enzima ureasi, formando ammoniaca, che rende le urine estremamente alcaline. Se è presente un’elevata percentuale di magnesio e fosforo si formano cristalli che, combinati con l’ammonio danno origine a calcoli, spesso molto voluminosi, tanto da talora occupare “a stampo” tutte o parte delle cavità renali.
Cistina
Questo tipo di calcolo, dal riscontro non molto frequente, costituito dall’aminoacido cistina, si può formare soltanto in pazienti portatori di una condizione patologica ereditaria definita cistinuria. La cistina è presente nel sangue e filtrata dal rene in elevate quantità. L’urina ne può mantenere in soluzione non più di 300 mg/litro mentre l’escrezione normale è inferiore ai 100 mg al dì. Le persone affette da cistinuria hanno una scarsa capacità da parte del rene di riassorbire il carico filtrato di cistina, che viene dunque perso nell’urina costituiendo dei calcoli talora multipli e voluminosi. La malattia è congenita e può manifestarsi fin dall’infanzia.
Calcoli rari
Un noto farmaco anti-virale, l’indinavir ed il triamterene, un diuretico risparmiatore di potassio, sono noti per cristallizzare nelle urine e formare calcoli atipici. Il sale d’ammonio dell’acido urico, l’urato d’ammonio acido, si forma in alcuni pazienti con patologia intestinale, soprattutto in quelli che hanno subito un’estesa resezione colica ed in quelli che fanno un largo uso di lassativi. I calcoli di 2-8 diidrossiadenina si formano in pochissime persone che hanno ereditato un’alterazione enzimatica che causa un’iperproduzione di questo metabolita.
Fisiopatologia della calcolosi urinaria ossalo-calcica
Ipercalciuria
La causa più comune è un aumento ereditario del calcio nelle urine, definito come ipercalciuria idiopatica. Questa si riscontra nei due terzi dei pazienti affetti calcolosi ossalo-calcica. La calcemia di questi pazienti è normale. Il difetto, se ricercato, può essere individuato nel 50 % dei consanguinei (padre, madre, sorelle, fratelli, figli), anche se non tutti questi sono obbligatoriamente portatori di calcolosi.
L’ipercalciuria idiopatica può essere trattata farmacologicamente e tale trattamento risulta anche di provata efficacia nella prevenzione della litiasi. La condizione patologica riflette un’alterazione del metabolismo della vitamina D, in seguito al quale viene assorbita una frazione abnormemente elevata del calcio alimentare. La medesima alterazione della vitamina D influisce anche sull’osso; in queste condizioni una dieta a bassa quantità di calcio determina un aumento della cessione di calcio nelle urine. Di conseguenza una dieta ipocalcica può non solo non ridurre l’ipercalciuria, ma anche determinare una demineralizzazione ossea ed addirittura fratture patologiche nella tarda età. Molti studi hanno infatti documentato una demineralizzazione ossea in soggetti ipercalciurici, associata ad un’alta frequenza di fratture, soprattutto della colonna vertebrale. Per questa ragione la dieta ipocalcica risulta raramente o mai indicata e dovrebbe essere sostituita dalla terapia farmacologica.
Un’altra particolare causa di ipercalciuria è dovuta all’iper-paratiroidismo, patologia che in questo testo viene trattata separatamente.
Il citrato è una molecola complessa sintetizzata dal fegato e dal rene. E’ presente nelle urine ed ha una efficace azione inibente sulla formazione dei calcoli. Il citrato può legarsi al calcio e prevenire la formazione di cristalli di calcio con ossalati o fosfati. Molti pazienti hanno un’ipocitraturia ereditaria, altri hanno un ipocitraturia secondaria a patologie renali od intestinali, o ad un’alimentazione scorretta. Quando indicata, la somministrazione orale di citrati può contenere il rischio di recidive litiasiche in pazienti con ipocitraturia.
La causa più frequente di iperossaluria è una dieta non equilibrata, con un'eccessiva assunzione di cibi ad alto contenuto di ossalati, parallelamente ad un inadeguato apporto di calcio. Più raramente, la presenza di un’elevata quantità di ossalati urinari può essere la conseguenza di patologie intestinali. Se l’intestino tenue è affetto da una patologia per cui non è più in grado di assorbire adeguatamente gli alimenti, gli acidi grassi ed i sali biliari giungeranno nel colon in quantità ben superiori alla norma. Questi elementi inficiano la normale funzione di barriera del colon, pertanto gli ossalati possono essere assorbiti in quantità abnormemente alte. Una volta in circolo, gli ossalati vengono filtrati ed escreti dai reni e possono essere la causa di litiasi renale. Le tipiche patologie a carico dell’intestino tenue che possono dare iperossaluria sono il morbo di Crohn, le resezioni chirurgiche di intestino tenue, i by pass-intestinali a volte realizzati nel trattamento dell’obesità, gli stati di importante ipercolesterolemia, l’ipo-pancreatismo, all’origine di un malassorbimento dei grassi. L’assorbimento degli ossalati avviene comunque solo a livello del colon.
Raramente l’iperossaluria è ereditaria, in tali casi costituisce un’espressione dell’”ossalosi”, patologia potenzialmente molto pericolosa. La più comune forma ereditaria è causata da un’anomalia in un enzima specifico, l’AGT. In circa la metà dei pazienti con iperossaluria ereditaria l’enzima è normalmente funzionante, ma si trova all’interno degli epatociti in una localizzazione impropria, ovvero nei mitocondri: ciò non permette all’enzima una funzione adeguata. Se viene somministrata vitamina B6 (piridossina), l’enzima dovrebbe recuperare una funzione sufficiente a prevenire la calcolosi ed il danno renale. Nell’altra metà dei pazienti l’enzima è alterato a causa di mutazioni geniche e nulla gli può permettere di funzionare regolarmente. In questi pazienti la somministrazione di piridossina è inutile.
L’iperossaluria da patologia dell’intestino tenue o da by-pass, ma soprattutto la forma ereditaria possono causare sia l’insufficienza renale, sia una calcolosi ad elevatissimo tasso di recidiva. Queste condizioni sono quindi potenzialmente molto rischiose ed il loro trattamento è imperativo ed estremamente complesso.
In alcuni casi deve addirittura essere “rimosso” il by pass chirurgico a carico dell’intestino tenue, accettando così i rischi legati all’obesità patologica od alla ipercolesterolemia. In casi estremi di ossalosi potrebbe sussistere le indivazioni al trapianto combinato di fegato e rene.
L’acido urico è un catabolita del DNA e dell’RNA, quindi i livelli urinari riflettono il contenuto purinico della dieta alimentare. Un’aumentata assunzione di carni rosse, insaccati, crostacei ed alcuni tipi di pesce può causare iperuricuria. A volte la causa è invece su base ereditaria. Alcune patologie del colon possono indurre un aumento dei livelli di acido urico nelle urine. I cristalli di ossalato di calcio si possono accrescere attorno ai nuclei di acido urico con il meccanismo noto come “nucleazione eterologa”.
Il magnesio compete con il calcio nel legame con l’ossalato, formando un sale maggiormente solubile dell’ossalato di calcio, viene pertanto considerato uno degli inibitori più efficaci della cristallizzazione. Abbastanza raramente si rileva una ipomagnesiuria come unico difetto alla valutazione metabolica di un paziente litiasico. A volte l’ipomagnesiuria può essere secondaria alla somministrazione cronica di diuretici tiazidici.
In presenza di una diatesi litiasica, la disidratazione può facilmente favorire la precipitazione di sali litogeni in urine particolarmente concentrate. Per questa ragione, alcuni tipi di attività lavorative o di svago che causano disidratazione influiscono negativamente sullo sviluppo della patologia litiasica. Tipici esempi sono i viaggi aerei frequenti e prolungati, i lavori in ambienti caldi, la vita in climi caldo-secchi ed i lunghi periodi di attività fisica che causino profusa sudorazione. D’ogni modo, la disidratazione non è mai di per sé causa di calcolosi, devono infatti coesistere uno o più dei difetti metabolici precedentemente elencati.
La maggioranza delle calcolosi decorre in modo asintomatico, le manifestazioni cliniche, infatti, si rendono evidenti solo nel 20-30% dei casi. Il riscontro di litiasi è assai spesso occasionale, in corso di accertamenti effettuati per altri motivi. D’ogni modo, una volta individuato un calcolo, viè una probabilità del 50% che esso si renda sintomatico entro i 5 anni successivi. L'incidenza della calcolosi è simile nei due sessi, anche se nei maschi risulta sintomatica tre volte più frequentemente. La calcolosi è una malattia ad elevato tasso di recidiva, che avviene in almeno tre quarti dei casi nel corso dei 25 anni successivi al primo episodio.
La colica renale
La manifestazione clinica più comune della calcolosi urinaria è la colica renale. Si tratta di un quadro sintomatologico tipico, per il quale non è in genere difficile la diagnosi differenziale dalle altre patologie addominali acute. E' un dolore addominale ad insorgenza rapida, riferito a livello del fianco ed all'angolo costo-vertebrale; è presente una tipica irradiazione anteriore, verso l'inguine ed i genitali esterni. Talvolta il dolore non è avvertito come "profondo" ma piuttosto nella sua proiezione superficiale cutanea. L'insorgenza è tipicamente notturna, spesso successiva a strapazzi fisici od alimentari; il dolore presenta delle tipiche esacerbazioni periodiche; il paziente è agitato, alla vana ricerca di una posizione antalgica. Possono associarsi disturbi neuro-vegetativi come nausea e vomito. Non costante è l'associazione con disturbi minzionali, quali pollachiuria e stranguria, tipici dell'impegno del calcolo nel tratto pre-ed intramurale dell'uretere.
La causa del dolore della colica renale è un brusco aumento della pressione idrostatica all'interno delle cavità renali e dell'uretere prossimale, dovuta all'ostruzione causata dal calcolo. L'ostruzione può avvenire a qualsiasi livello, dai collettori caliceali, al giunto pielo-ureterale, a tutto l'uretere fino al tratto intramurale, scatenando un dolore di caratteristiche simili. Non si verifica quindi alcuno spasmo della via escretrice ostruita: la peristalsi tende invece a scomparire parallelamente all'aumento della pressione endoluminale. La medesima può raggiungere rapidamente valori fino a 100 cm d'acqua, con aumento dell'apporto ematico al rene (mediato dalle prostaglandine) e reflusso urinoso nei tessuti peri-pielici.
L'esame obiettivo del paziente con colica renale conferma ovviamente una netta dolorabilità alla palpazione della loggia renale interessata, mentre l'addome resta tipicamente trattabile, senza reazioni di difesa. Nelle fasi acute si raccomanda di non infliggere al paziente l'evocazione del classico segno del Giordano, che nulla aggiungerebbe ad una diagnosi già evidente, causando un'inutile ulteriore esacerbazione del dolore.
La diagnosi differenziale va posta nei confronti di tutte le altre patologie addominali acute (appendicite, colica biliare, gravidanza extra-uterina, ecc.) anche se l'origine "posteriore" e "lateralizzata" del dolore è abbastanza inequivocabile.
A parte l'episodio ostruttivo acuto con colica, la calcolosi può dare dei dolori d'intensità, sede e durata molto variabile. Si tratta più frequentemente di un senso di peso alla loggia renale, ma anche di fitte saltuarie o di vaghe lombalgie. La palpazione profonda della loggia renale e la manovra di Giordano possono risvegliare od acuire il dolore, indirizzando la diagnosi. Negli esiti di coliche renali ripetute, la comparsa di peritonismo, anche sfumato, può far sospettare uno spandimento urinoso.
La microematuria è un segno pressoché costante di tutte le calcolosi. Nell'evoluzione della patologia litiasica possono manifestarsi anche episodi d'ematuria macroscopica, specie in relazione ad episodi di colica o strapazzi fisici.
L'ostruzione urinaria prolungata può portare ad una dilatazione della via escretrice a monte dell'ostacolo. Il ristagno pielico di urina può infettarsi ed il paziente può quindi manifestare un rialzo febbrile, talora ad andamento tipicamente settico. La presenza di coliche subentranti accompagnate da febbre è significativa per importanti complicanze in atto, con necessità di un trattamento a breve termine. Talora, anche in assenza di episodi acuti, la dilatazione e l'infezione asintomatica possono portare poco alla volta ad un danno renale importante, con pielonefrite e progressiva insufficienza funzionale.
Esami strumentali
L'ecografia e la radiografia reno-vescicale diretta, eseguite in associazione, sono le indagini di primo livello nello studio della calcolosi. Esse possono orientare sul numero, la posizione ed il volume dei calcoli, sulla presenza di una dilatazione della via escretrice e di un eventuale riduzione della componente parenchimale del rene.
Come si è detto, quasi tutti i calcoli sono più o meno radio-opachi e si evidenziano con facilità alla radiografia, a patto che sia stata condotta un'adeguata pulizia intestinale. I calcoli di acido urico sono tradizionalmente definiti come radiotrasparenti, almeno alle indagini con tecnica convenzionale. L'esame radiologico più completo è l'urografia, la cui esecuzione è inderogabile in tutti i casi in cui si presuma la necessità di un intervento invasivo. In caso di rene funzionalmente escluso con presenza di calcolo nella via escretrice, lo studio deve essere talora completato mediante una pielografia ascendente o trans-nefrostomica.
La scintigrafia renale dinamica si rende a volte necessaria per valutare selettivamente una funzione renale ridotta, nell'ottica di un eventuale intervento demolitivo.
La scintigrafia delle paratiroidi è in grado di oggettivare un iperparatiroidismo primario, già sospettato clinicamente.
Esami laboratoristici
Lo studio metabolico del paziente litiasico è un argomento estremamente complesso e delicato. Se da una parte, è importante cercare di individuare eventuali difetti emendabili, dall’altra non è ancora ben definito mediante quali esami questo studio possa essere fatto nel più semplice ed economico dei modi. Spesso vi sono notevoli divergenze concettuali tra un approccio “urologico” ed uno “nefrologico”.
Analisi del calcolo - E' l'indagine fondamentale ed irrinunciabile per indirizzare qualsiasi diagnosi metabolica. Si tratta di un esame poco costoso, anche se effettuato con le metodiche più idonee (spettro-fotometria ad infrarossi). I pazienti litiasici dovrebbero essere sempre sensibilizzati a recuperare e conservare tutti i calcoli espulsi spontaneamente, compresi i frammenti dopo la litotrissia extracorporea.
Dosaggi siero-urinari - La tendenza generale è quella di sottoporre tutti i pazienti ad una valutazione metabolica, fin dal primo episodio litiasico. Non vi è ancora invece unanimità su quale debba essere il minimo degli esami utili, da eseguirsi comunque in condizioni di vita ed alimentazione abituali, qualche tempo dopo qualsiasi episodio acuto. Gli esami fondamentali sono quelli tesi ad individuare tutte le condizioni che comportino un rischio litogenetico particolarmente elevato, come iperparatiroidismo, ossalosi, cistinuria, dismetabolismo purinico congenito, acidosi tubulare, sarcoidosi. In un secondo tempo, l'ipercalciuria idiopatica può essere differenziata nelle sue varianti renale ed assorbitiva, con un dosaggio del calcio urinario a digiuno (test di Nordin). Valutazioni ripetute dei sali litogeni, eseguite in corso di diete a tenore calcico variabile od altri esami particolari (es. dosaggio della vitamina D) possono concorrere a perfezionare ulteriormente la diagnosi. Nella seguente tabella sono riassunti gli esami che si ritengono indispensabili nell'inquadramento metabolico di ogni paziente litiasico.
A) Analisi del calcolo
B) Esame urine con sedimento, urocoltura
C) Dosaggi sul siero:
urea, creatinina, acido urico, sodio, potassio, bicarbonati, cloro, calcio, fosforo, paratormone
D) Dosaggi sulle urine delle 24 ore:
creatinina, acido urico, citrati, sodio, potassio, cloro, calcio, fosforo, magnesio, ossalati
E) Test di Brandt per la cistinuria
F) (in casi selezionati) Dosaggi sulle urine a digiuno:
creatinina, calcio, pH