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Disturbi minzionali nell'anziano

In generale, la condizione di anziano non è legata al dato meramente anagrafico od alla sussistenza di patologie specifiche, ma ad una riduzione del suo grado di autonomia ed indipendenza, derivante in primo luogo da alcuni elementi disabilitanti, fra i quali l’incontinenza urinaria è il più ricorrente, anche se tutte la alterazioni del basso apparato urinario, com­prendenti sia i disturbi della fase di riempimento che di svuotamento, sono riscontrabili in età geriatrica, con una prevalenza ed incidenza maggiore che nelle altre fasce di età.

I dati numerici comunque relativi alla consistenza del problema sono scontati nella loro rilevanza in quanto legati al progressivo aumento della durata media della vita.

La causa della maggiore incidenza dei problemi urologici nell’anziano è ascrivibile a due ordini di fattori: da una parte, alla perdita funzionale a livello di più organi e sistemi secondaria a fenomeni fisiologici propri del­l’invecchiamento; dall’altra, alla maggiore probabilità di processi patologici multipli.

 

Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre però sottolineare come le modificazioni anatomo-funzionali specifiche dell’invecchiamento non sono di per sé causa di disturbi minzionali, quanto piuttosto una condizione pre­disponente. Anche se l’anziano nicturico, modicamente disurico e con spo­radici episodi di incontinenza urinaria rappresenta sicuramente la regola, l’ultranovantenne che non accusa alcun disturbo minzionale costituisce, al contrario, la normalità.

Ciò nondimeno è ben noto che con il progredire dell’età la capacità vescicale diminuisce, minore diviene la possibilità di posticipare l’atto min­zionale ed il flusso minzionale si riduce; più in particolare nel sesso femmi­nile, diminuisce anche la massima pressione di chiusura dell’uretra, cosa che di per sé non è causa di incontinenza ma sicuramente rappresenta un fattore di rischio. Oltre a ciò, anche in assenza di cause specifiche, peraltro affatto infrequenti nell’anziano, quali l’insufficienza venosa periferica, l’in­sufficienza renale e la congestione cardiaca, è quasi sempre presente un’alterazione del ritmo circadiano della diuresi con maggiore produzione di urina durante le ore notturne; tale alterazione, associata spesso a prostati­smo e a disturbi del sonno, determina un aumento della frequenza minzio­nale notturna.

La disuria, come conseguenza del­l’ipocontrattilità detrusoriale, sarebbe il sintomo specifico dell’invecchia­mento. Anche l’instabilità detrusoriale, tuttavia, è molto frequente nell’anziano, non soltanto per l’alta incidenza di malattie del sistema nervoso (vasculo­patie cerebrali, parkinsonismo, demenza senile, ecc.) o del basso apparato urinario (prostatismo, alterazioni della statica pelvica) ma anche, più sem­plicemente, per la ridotta capacità inibitoria normalmente esercitata dalle varie strutture corticali e sottocorticali.

Per tali motivi il quadro disfunzionale più frequente nell’anziano sareb­be quello di una iperattività vescicale nella fase di riempimento, associata ad una ipoattività detrusoriale nella fase di svuotamento. Questa condi­zione crea dei problemi dal punto di vista clinico in quanto nel maschio può essere facilmente confusa con una condizione di ostruzione cervico­prostatica, mentre nella donna, se la contrazione instabile viene scatenata da uno sforzo (colpo di tosse), ma la contrattilità detrusoriale è talmente ridotta da non essere riconosciuta neanche nel corso di una valutazione urodinamica, la diagnosi errata può essere quella di una incontinenza da sforzo.

Nessuna di queste condizioni parafisiologiche legate all’invecchiamento causa incontinenza o importanti disturbi minzionali tali da richiedere una terapia specifica, ma la maggiore probabilità di processi patologici multipli a carico di altri organi od apparati può slatentizzare tali alterazioni e dar luogo a quella che Resnick (1994) chiama incontinenza transitoria o ad altri importanti sintomi invalidanti.

Anche l’impiego di alcuni farmaci in presenza di alterazioni predispo­nenti del basso apparato urinario può determinare l’insorgenza (o l’aggravamento) di un’incontinenza o di una ritenzione urinaria. E così è molto più probabile l’insorgenza di una ritenzione urinaria a seguito di una terapia anticolinergica quando è presente una condizione di ipocontrattilità del detrusore, ovvero la comparsa di incontinenza urinaria a seguito dell’assun­zione di farmaci ad effetto diuretico in presenza di una instabilità vescicale.

Quando non sono presenti possibili cause transitorie di incontinenza o quando il tratta­mento delle stesse non determina la scomparsa del sintomo, allora e solo allora l’attenzione deve essere rivolta al basso apparato urinario, sia a livel­lo diagnostico che terapeutico.

Dal punto di vista diagnostico, sebbene nell’ anziano più che in altre fasce di età l’individuo debba essere valutato nella sua globalità, per quanto riguarda più in particolare la valutazione organica e funzionale dell’appa­rato urinario, questa non deve differenziarsi da quella effettuata nei sogget­ti non anziani.

Va inoltre sottolineata l’importanza di privilegiare quanto più possibile la fase pre-diagnostica a livello, ad esempio, di territorio o di strutture resi­denziali, dove il medico o l’infermiere professionale (come avviene in Inghilterra con la figura specifica del Continence Advisor), deve essere già in grado di discernere ed individuare i casi che debbono essere avviati ad un accertamento diagnostico mirato e più approfondito.

Per quanto riguarda l’aspetto terapeutico, la scelta di una determinata terapia, quando il sintomo invalidante non sottintenda una lesione funzio­nale od organica a rischio e quindi non esista l’esigenza di una terapia di necessità, deve basarsi sull’attenta valutazione del grado di disabilità che il sintomo determina, privilegiando in prima istanza la riduzione di tale grado, a volte ottenuta con una semplice soluzione. Questo è particolarmente vero in quelle forme di incontinenza che Resnick chiama funzionali, laddove cioè, oltre alla disfunzione vescico-uretrale, sono presenti altri fattori di carattere generale che rendono più importante il sin­tomo incontinenza (la mobilità del paziente, la sua destrezza manuale, la sua motivazione a risolvere il problema, fattori ambientali, barriere architet­toniche all’interno anche della propria abitazione, etc.) e su cui è spesso possibile intervenire.

Nel soggetto anziano il più delle volte la terapia chirurgica e/o farma­cologica risulta la meno adeguata, mentre l’attività riabilitativa precoce può determinare una significativa riduzione del rischio di perdita dell’autono­mia; in molti casi infine il medico oltre ad impostare un adeguato program­ma riabilitativo, deve essere in grado di fornire indicazioni e suggerimenti che possono rappresentare non già una soluzione terapeutica, bensì una solu­zione del problema.

 

CENNI BIBLIOGRAFICI

Resnik N.M.; Urinary incontinence in the older woman. In: Female Urology. Kursh.McGuire. J.B. Lippincott Company. Pag. 475-494. 1994

Carone R., Bodo G., Vercelli D., Bertapelle P; Disfunzioni Autonome. EDIP 1994

Benvenuti F; Linee guida nel trattamento dell’incontinenza urinaria nel paziente anziano. Giorn. Gerontol. 2000;48;208-215