La Scuola di Medicina di Salerno e le prime Università.
Dott. D. Vercelli
Quando il cultore di storia della medicina si sofferma sul periodo medioevale, spontaneo è il rimando alla Scuola di Medicina di Salerno, secondo molti storici la più pura prosecuzione dello spirito classico, attraverso cui la medicina monastica confluì e si continuò nella medicina laica.
La Schola Salerni, le cui origini si perdono nel buio dei secoli che precedettero il primo millennio, ebbe una triplice matrice culturale: greca, araba e normanna.
I medici della scuola salernitana ottennero fama e reputazione in tutta l'Europa contemporanea, essendosi diffuse su tutto il continente civilizzato le notizie riguardo le loro abilità di curatori. Pare che nobili, notabili e prelati giungessero da ogni dove per ottenere un consulto, come l'arcivescovo di Reims che andò a Salerno nel 969 per curarsi la calcolosi vescicale.
Tra i medici più celebrati della Scuola Salernitana ricordiamo Costantino Africano (1015-1087), abile ostetrico, ginecologo e urologo, il quale definitosi seguace di Aristotele e Galeno introdusse a Salerno le conoscenze mediche siriana ed ebraica, diffuse buona parte delle opere mediche greche, soprattutto quelle di Ippocrate e poi di Galeno, e diede rinomanza alla cultura scientifica araba, in particolare agli scritti di Avicenna (980-1027 d.C.). Costantino si occupò in particolare della riproduzione umana, sia maschile sia femminile, descrivendo le varie fasi del concepimento e dello sviluppo fetale, trattando di medicine che avrebbero favorito o impedito la secrezione spermatica, dotandoci inoltre di una sorta di trattato di sessuologia nel quale si dilungava su come stimolare la sensualità e i pericoli che ne sarebbero potuti derivare.
Membro della scuola salernitana fu anche Trocta ovvero Trotula Salernitana, medichessa o forse semplice levatrice, che esercitò nella prima metà del XII secolo. Scrisse il De Passionibus Mulieribus Seu De Remediis Mulier testo di riferimento per le ostetriche fino al XI secolo.
Trotula si dedicò prevalentemente alla ginecologia, ma essendosi occupata anche di affezioni dolorose delle vie urinarie femminili, potrebbe essere considerata a pieno titolo la prima urologa della storia.
Quasi contemporaneo di Trotula, sempre salernitano, fu Ruggiero dei Frugardi (o di Frugardo), conosciuto come "Maestro Ruggiero", che praticò intorno al 1180 e che potrebbe essere considerato il primo vero antesignano della chirurgia intesa come scienza. Nel suo Cirurgia magistri Rogerii egli diede una impostazione scientifica all'esercizio della chirurgia, basandola sull'anatomia.
A lui dobbiamo anche i primi atti di trasgressione di un chirurgo medico ai precetti, attribuiti a Ippocrate, secondo i quali il medico non doveva operare neppure pazienti che soffrivano della malattia della pietra (calcoli renali e vescicali), ragione per la quale i pazienti venivano operati per calcolosi solo da "artigiani".
Il dodicesimo secolo testimonia l'ascesa della Scuola Medica di Bologna, che apportò diverse innovazioni alle conoscenze mediche, ancora dominate dal "galenismo". Ugo de' Borgognoni, medico che accumulò grande esperienza soprattutto in campo chirurgico nel corso della quinta crociata, e che era solito curare le ferite con vino e bende, va ricordato perché fu tra i primi a contestare l'insegnamento secondo il quale la suppurazione era necessaria per sanare la ferita.
Bolognese era anche Guglielmo da Saliceto di Piacenza (1210-1277), abile chirurgo e acerrimo nemico di "artigiani" e "cerusici", il quale introdusse l'uso del bisturi in molti interventi chirurgici. Viene riferito che egli operasse con buoni successi ernie, fistole, calcoli della vescica (per secoli prima e anche successivamente monopolio dei cerusici) e che praticasse paracentesi, toracocentesi e mastectomie. Descrisse gli ascessi e le pustole peniene, incluse quelle di origine venerea, suggerendo come misura di profilassi il lavaggio dei genitali dopo il coito.
Allievo di Guglielmo e seguace di Maestro Ruggiero, Lanfranco da Milano (morto nel 1315) imparò l'arte medica a Bologna e la diffuse in Francia, a Parigi e a Lione.
Egli insistette sulla necessità che la chirurgia fosse fondata sulle approfondite conoscenze dell'anatomia mentre in urologia sostenne l'incisione perineale, così come l'aveva scrupolosamente descritta Celso e per questo definita "sectio celsiana". Egli applicò a tale intervento il termine di "piccolo apparato" perché questa operazione richiede solo un limitato numero di strumenti.
Altro discepolo di Guglielmo fu Rolando de' Capezzuti, conosciuto come Rolando da Parma, il quale fu forse il primo ad adottare la posizione più tardi denominata "di Trendelenburg" per gli interventi addominali e pelvici.
Mondino de' Liuzzi (1270-1326), lettore pubblico dello Studio di Bologna fu il primo anatomista italiano che descrisse l'anatomia umana dopo aver sezionato sistematicamente cadaveri umani.
A quei tempi era molto difficile procurarsi cadaveri senza incappare in gravi sanzioni penali.
A Bologna fu stabilito per legge che all'Università fossero forniti ogni anno due cadaveri per gli studi anatomici, esempio successivamente seguito da Padova, Ferrara e Pisa, mentre negli altri Atenei europei, come a Parigi, Vienna, Praga, le lezioni anatomiche basate sulla dissezione avranno inizio solo a partire dal XI secolo. Il lavoro di Mondino de' Liuzzi non è da ricordare tanto per la propria originalità quanto per la sua sistematicità e per l'ampiezza descrittiva basata sulle osservazioni autoptiche. Contributi interessanti in campo urologico diede in quel periodo Pietro dell'Argellata (morto nel 1423) che descrisse le cisti e le ulcere della vescica e le ulcere del pene, oltre alle pustole di origine venerea. Egli consigliava a scopo terapeutico e profilattico di lavare i genitali maschili con acqua in estate e con urina, alla quale attribuiva proprietà medicinali, in inverno. A un suo allievo, Marcello da Como, dobbiamo la descrizione di ulcere multiple del pene, nelle quali potrebbero essere riconosciute lesioni da sifilide.
Nel 1228 veniva inaugurata l'Università di Padova, che con tanti illustri scienziati avrebbe visto diffondere il sapere medico dalle sue cattedre, a partire da uno dei suoi più famosi anatomisti, Andrea Vesalio (1514-1564). Pietro d'Abano fu uno dei primi e più prestigiosi insegnanti, strenuo difensore, contro Aristotele e gli aristotelici che fino al XVII secolo affermeranno che i nervi si dipartono dal cuore, della origine dal cervello dei nervi, come avevano sostenuto sin dalle origini Alcmeone prima e Galeno poi.
Antonio Guarnero, che raggiunse la celebrità tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV, viene ricordato per la sua descrizione sulla ritenzione urinaria, causata dalla presenza di calcoli nella vescica, e per il suo originale metodo di cura di tale affezione consistente nel rigirare sottosopra il paziente, scuotendolo e percuotendolo. Egli tuttavia fece anche uso di cateteri di metallo e di materiale cereo per forzare le stenosi uretrali.
A Giovanni Arculano (1419-1484) dobbiamo l'osservazione che la ritenzione urinaria può esser causata anche da alterazioni del collo vescicale. Tra il 1400 e il 1700 furono molto attivi i chirurghi di Norcia e quelli della città fortificata di Preci, i quali divennero famosi per la loro capacità di esecuzione, con ottimi risultati, di interventi chirurgici come quelli di ernia, mentre in urologia applicarono gli interventi di litotomia precedendo Pierre Franco (1505-1579 ca.) di oltre un secolo. Franco praticò la litotomia solo una volta in un bambino per un caso difficile di litiasi vescicale, e come è successo molte volte nella storia, a lui venne riconosciuto il merito di aver eseguito per primo la epicistotomia, quando invece i norcini e i preciani l'avevano praticata con regolarità parecchie volte nei decenni precedenti.