Periodo irripetibile nella storia e nella scienza.
Dott. D. Vercelli
Il Rinascimento italiano fu un periodo probabilmente irripetibile nella storia dell'arte, della cultura e, in misura non secondaria, delle scienze. È importante notare che in questo periodo gli artisti, interessandosi di anatomia, diedero impulso allo studio di questa disciplina e di conseguenza alla chirurgia. Michelangelo, Tiziano ma soprattutto Leonardo da Vinci (1452-1519) elaborarono molti disegni anatomici.
Per non rischiare di essere processato e subire le pesanti conseguenze del rigore delle leggi del suo tempo, Leonardo condusse in gran segreto le autopsie da cui trasse le sue immagini. Egli, che indagò con grande accuratezza l'occhio, il cuore e l'utero gravidico, aveva cullato il sogno di creare il primo trattato di anatomia umana ma, non avendo pubblicato né divulgato le sue celeberrime tavole (i suoi Quaderni Anatomici saranno dati alle stampe solo agli inizi del '900), non contribuì con il suo lavoro a una sostanziale amplificazione delle conoscenze anatomiche contemporanee.
Iacopo Berengario da Carpi (1460-1536) professore di anatomia prima a Padova e poi a Bologna, contribuì in modo determinante ad arricchire il sapere anatomico e a dirimere errori che si erano trascinati per secoli, soprattutto perché fondati sullo studio dell'anatomia animale, come nel caso della cavità uterina, che solo intorno al 1500 si comprese essere unica e non bicorne come nei piccoli mammiferi. Attraverso iniezioni di acqua nella vena renale Berengario, che fu sperimentatore e non solo osservatore, scoperse che il liquido iniettato non si riversava subito nel bacinetto renale ma ne raggiungeva il lume attraverso le papille, che egli mise bene in evidenza sezionando il rene dalla parte concava. A Berengario dobbiamo anche la riscoperta delle vescicole seminali, già osservate da Erofilo e poi da Galeno, ma successivamente dimenticate per secoli, e che lui definì "raccoglitori di sperma".
Antonio Benivieni (1440-1502) fu anatomista minore, però ci ha lasciato una importante descrizione delle fibre muscolari della vescica e dei suoi sfinteri (anche Galeno lo aveva fatto in modo corretto), lasciandoci anche la sua opinione di conferma che l'inserzione obliqua degli ureteri nella vescica evita il reflusso di urina.
Gabriele Falloppio (1523-1562), insegnante a Padova fu ritenuto il più illustre anatomico italiano del Cinquecento; in campo urologico riprese gli studi di Berengario approfondendo e chiarendo l'anatomia macroscopica dei reni e la vascolarizzazione, fin nei dettagli più fini. Egli inoltre si soffermò sulla distinzione tra la struttura unipapillare del rene di cane (già descritta da Vesalio) con quella pluripapillare del rene umano, di cui descrisse con accuratezza i calici con le sue papille.
Contemporaneo di Falloppio fu Bartolomeo Eustachi (1500-1574), professore a Roma e autore di molte tavole anatomiche. Egli scoprì le ghiandole surrenali (che più tardi Van Helmont (1577-1644) ritenne responsabili della secrezione di un secreto litolitico capace di prevenire la formazione di calcoli) e tra l'altro ricollocò nella sua giusta sede il rene destro fino ad allora ritenuto in posizione più alta di quello sinistro, come conseguenza delle osservazioni di Aristotele e di Galeno che avevano dissezionato solo scimmie Rhesus e mai cadaveri umani (a parte feti provenienti da aborti) nelle quali esiste effettivamente una più bassa localizzazione del rene sinistro.
Riprendendo tecniche anatomiche ormai in voga Eustachi, attraverso iniezioni vascolari, insufflazioni e scarificazioni (metodo adottato anche da Vesalio nello studio dei reni di cane), descrisse l'albero vascolare renale con tutte le sue ramificazioni. Egli descrisse anche i tubuli della midollare (interpretandoli come "solchi incisi nel tessuto renale" per il passaggio dell'urina) e i fori urinari nelle papille (lo aveva già anticipato in questo Berengario) e osservò la conformazione imbutiforme dell'uretere prossimale.
Eustachi confermò la distinzione esistente tra il rene unipapillare del cane e quello pluripapillare dell'uomo e per primo formulò l'ipotesi che l'urina originasse dal sangue arterioso piuttosto che da quello venoso. Lorenzo Bellini (1643-1704), vissuto un secolo più tardi di Eustachi e Falloppio, diede un ulteriore contributo alla conoscenza dell'anatomia e della fisiologia renali.
Laureatosi a Pisa, aveva recepito dal suo maestro, Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679) che in quell'ateneo aveva insegnato scienze matematiche, l'invito a ricercare nella pratica anatomica i micromeccanismi occulti dell'organismo animale.
Utilizzando inchiostro di china diluito, Bellini nel suo De structura et usu renum, pubblicò le sue osservazioni sul rene di cervo, nel quale evidenziò che il liquido si era accumulato in "sinuli vermiculares et tortuosi" sulla superficie corticale renale, dove riteneva che iniziasse la filtrazione di urina. Il sangue trasportato ai sinuli da vasellini arteriosi passava nel corrispondente capillare venoso per "capillarità", fenomeno fisico appena scoperto appunto dal Borelli.
Ma è con Marcello Malpighi (1628-1694), ritenuto a ragione il padre dell'anatomia microscopica, che si afferma appieno quello che gli storici hanno definito "il paradigma teorico della iatromeccanica italiana". Collega di Borelli a Pisa ma con la cattedra di medicina teorica, Malpighi verificava sperimentalmente l'ipotesi atomistico-meccanica giungendo a descrivere tra gli altri nei dettagli le strutture microscopiche della rete capillare, delle ramificazioni bronchiali e, riguardo il rene, la ultrastruttura delle piramidi tubulari e dei glomeruli.
I glomeruli, secondo il Malpighi, erano ghiandole secretorie in contiguità con il sistema circolatorio; essi ricordano la "frutta appesa a un ramo", essendo costituiti da un "sacculo" cioè piccole sacche collegate a un tubo escretore, convolute prossimalmente mentre nella porzione distale diritte verso la papilla. Il sacculo, da parte sua, era circondato da una rete anastomotica artero-venosa, mentre l'urina filtrava attraverso i pori delle pareti capillari e passava attraverso i pori delle pareti del sacculo coincidenti con i pori capillari, ricadendo nel sacculo stesso dove veniva raccolta e da qui avviata verso la pelvi attraverso il tubo escretore e la papilla.
La scoperta di micromeccanismi organici, analogamente alla concezione cardiaca di Harvey sulla macromacchina che pompa il sangue, furono determinanti per dotare di basi del tutto nuove l'anatomo-fisiologia, e di conseguenza la pratica clinica. Anche per il sistema urogenitale, il XVII secolo fu il secolo della modernizzazione delle conoscenze, epoca in cui la struttura anatomica e la funzione fisiologica cominciarono a essere definite concettualmente come ancora oggi noi le intendiamo. A partire da queste innovazioni si fecero strada le moderne conoscenze del meccanismo della diuresi, di cui ancora una volta il Malpighi, con la sua concezione "iatrochimica", può essere ritenuto il precursore.
Se Malpighi fu il padre dell'anatomia microscopica e il profeta della fisiologia moderna, Giovan Battista Morgagni (1682-1771) può essere considerato il fondatore della moderna anatomia patologica. Morgagni giunse a due conclusioni fondamentali per tutta la medicina successiva: che le malattie lasciano tracce rivelatrici nei tessuti e che lo studio di queste tracce consente al medico di verificare i suoi giudizi. Proprio per questa seconda premessa egli si rivolse, per le pratiche dissettorie, non più ai cadaveri di giustiziati (per lo più sani) ma ai corpi di morti per malattia.
Nella sua opera De sedibus et causis moborum per anatomen indagatis (Venezia 1761) che pubblicò ottuagenario dopo cinquant’anni di lavoro, è possibile ancora oggi leggere una esatta descrizione di una grande varietà di patologie, tra le quali anche quelle dell'apparato urogenitale maschile e femminile, che stupiscono per la loro modernità e attualità.
Un riconoscimento va attribuito anche a Gian Domenico Santorini (1681-1737) che descrisse il plesso venoso retropubico che prese il suo nome. Un medico a cui invece ingiustamente non celebrano alcun tributo Kuss e Grégoir nella loro Histore Illustrée de I'Urologie (Parigi, 1988) è Michele Troja (1747-1828), oculista competente e sagace sostenitore della vaccinazione di Jenner, il quale nel 1779 istituì all'Ospedale degli Incurabili di Napoli una cattedra delle malattie urinarie. Il valore di Troja come urologo può essere riconosciuto nelle sue "Lezioni intorno ai mali della vescica orinaria e delle sue appartenenze" (1785) mentre particolare merito gli va attribuito per l'invenzione e l'uso del primo catetere flessibile in gomma. Giustamente Michele Troja viene più volte menzionato nella monumentale Storia dell'arte sanitaria (Torino 1973) di Adalberto Pazzini.
Napoletano come Troja fu Domenico Cotugno, suo degno maestro, il quale scoprì che l'urina dei pazienti nefropatici conteneva albumina. Ci ha lasciato la sua eccezionale opera De morbis renum et vescicae urinariae.
Anche se non può essere a pieno titolo ammesso tra gli urologi, tuttavia è degno di essere ricordato Filippo Bozzini (1773-1801) nato a Magonza da genitori italiani e vissuto a Francoforte. Nel 1807 Bozzini diede alle stampe Der Lichtleiter (Il conduttore di luce) nel quale descriveva uno strumento da lui ideato che può essere ritenuto il precursore del moderno cistoscopio.
In realtà Bozzini aveva ideato un endoscopio più adatto per essere applicato all'orecchio e al sistema respiratorio che alle vie urinarie: attraverso un gioco di specchi lungo e all'interno di un tubo inserito in varie cavità anatomiche, la luce di una candela giungeva sufficiente per illuminarle, consentendo una buona visibilità. Anche se Bozzini non applicò mai la sua invenzione per esaminare la vescica urinaria, tuttavia il suo fu il primo passo per il successivo sviluppo dell’endoscopia anche in urologia.