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Breve storia dell'endoscopia urologica: la uretrocistoscopia

Se si deve a Filippo Bozzini l'idea di esplorare le cavità del corpo umano con l'aiuto di sonde recanti una luce artificiale, il primo strumento concepito e destinato specificamente all'esplorazione della cavità vescicale fu lo "speculum uretrocistico", presentato all'Accademia delle Scienze di Francia nel 1826 da Pierre Salomon Ségalas d'Etchepare. Lo strumento era costituito da un tubo d'argento diritto munito di un mandrino che ne permetteva l'agevole introduzione in vescica, al quale era adattata una cassetta circolare alla cui base vi erano due entrate laterali che permettevano l'introduzione di due piccole candele. Un gioco di specchi rifletteva la luce verso il fondo della sonda e illuminava la cavità vescicale.

Nel 1827 Heuterloup, in una lettera all'Accademia, rivendicò il primato dell'invenzione, avendo infatti depositato presso quella questa istituzione un progetto di endoscopio che permetteva di illuminare la vescica con l'aiuto di lucciole!

In seguito all'invenzione di Ségalas, numerosi scienziati si dedicarono alla produzione di sistemi di illuminazione, ma fu solo nel 1853 che Desormeaux fu in grado di presentare un endoscopio utilizzabile in clinica. Convinto della necessità di utilizzare una sorgente luminosa di notevole intensità, dopo numerosi tentativi con lampade ad arco o con luce ossidrica, Desormeaux decise infine di utilizzare la luce fornita da una lampada a stoppino il cui combustibile, una miscela di alcol etilico e trementina, dava alla fiamma una grande luminosità; una lente faceva convergere i raggi luminosi verso uno specchio forato al centro, che consentiva l'osservazione e li rinviava verso il tubo esploratore. Attraverso una fessura era inoltre possibile introdurre nella sonda un'asta terminante in una lancetta molto affilata che consentiva di effettuare una uretrotomia sotto controllo visivo o anche uno stiletto alla cui estremità veniva posta una perla di nitrato d'argento destinato a cauterizzare lesioni varie.

Nel 1865 Desormeaux pubblicò il primo manuale di endoscopia, corredato da tre tavole a colori. Ma l'endoscopia, malgrado tutto, rimaneva di portata limitata. Il campo visivo era ristretto, la minima torbidità data dal sangue o dal pus alle urine oscurava la visuale; in un'epoca in cui non si aveva nessuna nozione di asepsi e antisepsi, le conseguenze dell'esame erano spesso drammatiche.  L'endoscopio di Desormeaux si rivelò utile soprattutto per lo studio ed il trattamento delle lesioni uretrali; tuttavia fu utilizzato per quasi un quarto di secolo. Diffuso largamente fuori dalla Francia, fu modificato da Cruise in Inghilterra, da Furstenheim in Germania e da Andrews negli Stati Uniti, senza peraltro che tali modifiche portassero a sostanziali miglioramenti e fu solo grazie alla genialità di Nitze che si posero le basi per il moderno cistoscopio. Nitze infatti ebbe due fondamentali intuizioni, l'introduzione della fonte luminosa all'interno della vescica e il miglioramento del campo visivo per mezzo di un dispositivo ottico adeguato.

Max Nitze nacque a Berlino nel 1848. Assunto all'ospedale di Dresda, entrò in contatto con Bruck che aveva avuto l'idea di esaminare alcuni organi in trasparenza per mezzo di potenti sorgenti luminose. Per esaminare la vescica, Bruck introduceva nel retto una lampada a filamento di platino portata ad incandescenza da una corrente elettrica e raffreddata da una corrente d'acqua e in vescica una sonda fenestrata per l'esplorazione. I risultati erano però deludenti: la luce insufficiente non permetteva infatti l'interpretazione delle lesioni.

Nitze propose di utilizzare un sistema analogo per produrre luce, ponendolo però all'estremità dell'endoscopio. Incaricato lo specialista berlinese Bénèche di produrre il sistema ottico, nel 1877 Nitze provò il prototipo su cadavere e nel 1879 presentò il cistoscopio definitivo, costruito a Vienna dal famoso costruttore di strumenti Joseph Leiter. Il surriscaldamento creato dal filamento incandescente era tale che in ogni esame era elevato il rischio di creare in pochi istanti gravi ustioni, senza un sistema di raffreddamento molto ingombrante che utilizzava una corrente d'acqua fredda sotto forte pressione. I primi tentativi sul vivente vennero eseguiti a Dresda, ma in seguito alle prime delusioni, dovute sia alla cattiva visione che agli elevati rischi, il metodo venne abbandonato e Leiter cessò la produzione di cistoscopi.

Nell'ottobre del 1879 Thomas Edison inventò la lampada ad incandescenza sotto vuoto, ma bisognò attendere ancora molti anni prima che questa fosse miniaturizzata e Nitze potesse adattarla alla sua invenzione, verso la fine del 1886. All'inizio le lampade erano munite di filamento al carbonio che sprigionava un minor calore rispetto ai grossi filamenti in platino, ma che era ancora in grado di causare ustioni (le tristemente famose "ulcus cystoscopi"), difficilmente guaribili. Tale inconveniente scomparve solo a partire dal 1905, quando i filamenti di carbonio vennero sostituiti da sottilissimi filamenti metallici.

Rimaneva da risolvere ancora un grosso problema, quello dell'offuscamento della visuale da parte dell'urina torbida o sanguinolenta, risolto poi grazie alla creazione del cistoscopio ad irrigazione ed evacuazione continua.

Venne così raggiunta la forma definitiva del cistoscopio che pur attraverso innumerevoli miglioramenti ed adattamenti nel corso degli anni, non  subì modifiche fondamentali, fino all'invenzione delle fibre ottiche che collocarono di nuovo all'esterno la fonte luminosa.