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Chemioprevenzione Delle Infezioni Urinarie Nel Mieloleso Con Cranberry Ed L-Metionina

INTRODUZIONE ED OBIETTIVO DELLO STUDIO

Il termine chemioprevenzione fu coniato da Sporn nel 1976, sulla base di studi che dimostravano come la nutrizione giocasse un ruolo causale importante nella iniziazione, promozione e progressione di alcune neoplasie. Con esso si intende la somministrazione di preparati, farmaci, o altri agenti in grado di prevenire, inibire, ritardare l’insorgenza o la progressione di una determinata patologia. Unica condizione per l’attuazione di una corretta strategia di chemioprevenzione è che, necessitando questa di una assunzione prolungata nel tempo, deve essere assolutamente priva di tossicità, in modo da poter essere tranquillamente consigliata e prescritta senza effetti collaterali importanti. Le strategie di prevenzione comprendono screening dei soggetti a rischio,  abolizione dell’uso di alcune sostanze che possono contribuire allo sviluppo di una determinata patologia.

Il presente studio si è posto l’obiettivo di valutare l’efficacia di un trattamento “naturale” a lungo termine per la profilassi delle infezioni urinarie in soggetti affetti da mielolesione e vescica neurologica. La scelta è caduta su di un prodotto commerciale a base di Cranberry e di L-Metionina (avente cioè sia azione antimicrobica grazie all’azione di ostacolo all’adesività batterica da parte della proantocianidine, sia azione acidificante): ACIDIF (Biohealth Italia).

 

MATERIALI E METODI

Sono stati arruolati per questo studio, in modo aperto non randomizzato, 40 pazienti affetti da para-tertraplegia e vescica neurologica, sottoposti giornalmente alla manovra del cateterismo o autocateterismo per lo svuotamento vescicale. Tutti i pazienti, di età compresa fra 18 e 70 anni e di ambo i sessi, presentavano una quadro funzionale di acontrattilità vescicale o da lesione sottosacrale o su base farmacologia (iperattività vescicale trattata mediante farmaci antimuscarinici) ed eseguivano da 3 a 5 cateterismi giornalieri. Non essendo considerato rilevante per questo studio, i pazienti non sono stati stratificati in base ad età, sesso, livello lesionale, età di insorgenza della para-tetraplegia.

In tutti i pazienti erano da tempo presenti ricorrenti o recidivanti infezioni urinarie sintomatiche che inducevano il medico curante od il paziente stesso a richiedere un trattamento antibiotico. Criteri di esclusione sono stati la presenza di concomitanti patologie rappresentanti fattore di rischio per l’alto apparato urinario (reflusso vescico-ureterale non trattato, iperattività detrusoriale neurogena non in trattamento farmacologico, neoplasie uroteliali, litiasi vescicale). Dopo aver ottenuto da ciascun paziente il consenso al trattamento, venti pazienti sono stati indirizzati ad un trattamento profilattico mediante ACIDIF, una capsula due volte al giorno per 6 mesi. Gli altri venti pazienti non hanno ricevuto tale prodotto ma sono stati controllati mediante urocoltura periodica e trattati con antibiotico qualora indicato. Tutti i pazienti hanno eseguito, mensilmente, un esame urine con urocoltura e sono stati sottoposti ad un iniziale trattamento antibiotico mirato su urocoltura con antibiogramma, in modo da iniziare lo studio ad urine sterili. I criteri di verifica dell’azione terapeutica sono stati: presenza o meno di batteriuria e relativa carica batterica (non vengono da noi considerate positive infezioni aventi carica batterica di 10^5 od inferiore), tipo di germe, iperpiressia, pH urinario, sintomatologia soggettiva di disturbi della fase di riempimento, eventuale presenza di incontinenza urinaria determinata da una iperattività vescicale indotta dall’infezione.

 

RISULTATI

Il numero dei casi troppo esiguo per un’analisi statistica ci ha portati ad adottare un criterio valutativo di tipo osservazionale. Una prima osservazione riguarda i soggetti di “controllo”, nei quali solo l’utilizzo di terapia antibiotica ha portato alla (temporanea) negativizzazione dell’urocoltura; invariabilmente l’infezione batterica si ripresentava a distanza di un mese o poco più, sempre con simili caratteristiche (carica elevata, alternanza del tipo di batterio). Il trattamento antibiotico era comunque attuato solo in caso di infezione sintomatica e/o in presenza di Proteus, Pseudomonas, Kelbsiella, in accordo con i principi prima enunciati. Oltre la metà dei pazienti (15 su 20) ha comunque assunto uno o più cicli di antibioticoterapia nel corso dello studio. Il pH urinario variava tra 6 e 6.6 (un paziente con infezione ricorrente da Proteus presentava sempre pH 8 – 8.5).

Nei soggetti trattati con ACIDIF si sono osservati: urocoltura negativa in 5 pazienti su 20, riduzione della carica batterica (da 10^7 a 10^6 o 10^5) in 8 pazienti su 20, nessun effetto rilevante su 7 pazienti (persistenza di infezione, che essendo asintomatica non è stata trattata con antibiotico salvo in un paziente che ha sviluppato Pseudomonas), riduzione dei sintomi della fase di riempimento (tenesmo, stimolo imperioso) in 3 pazienti che presentavano una residua sensibilità vescicale propriocettiva, in tutti i pazienti trattati salvo uno (con Pseudomonas) il pH urinario si è mantenuto intorno a 5 – 5.5, nessun paziente ha lamentato effetti collaterali tali da richiedere la sospensione del trattamento, modificazione del tipo di germe nel confronto tra inizio e fine studio in cinque soggetti (tale evento è comunque di comune riscontro in questi pazienti, anche in assenza di qualsivoglia trattamento)

 

CONCLUSIONI

Come già osservato, l’esiguità del campione non consente di estrapolare risultati statistici affidabili; tuttavia ci sentiamo di segnalare che il confronto con pazienti non sottoposti a chemioprofilassi ha portato ad alcune interessanti osservazioni evidenziando una differenza di risposta tra i due gruppi. E’ importante ricordare, quando si cerchi di individuare un criterio di efficacia da questo tipo di trattamento, che il campione scelto (vescica neurologica in cateterismo intermittente) è per sua stessa natura forse il più difficile da liberare dalle infezioni e comunque il più predisposto alle recidive ed alle ricorrenze. Ci preme sottolineare, inoltre, come esista evidenza scientifica che le infezioni urinarie croniche possono avere un effetto facilitante o inducente le neoplasie uroteliali; in tal senso un trattamento profilattico – che non comprenda un utilizzo cronico di antibiotico per i ben noti motivi di tossicità e di possibile induzione di resistenze - di qualunque natura esso sia, deve essere considerato un obiettivo importante in questo tipo di paziente che per tutta la vita dovrà convivere con la sua disfunzione vescicale neurogena.

Sono quindi auspicabili ulteriori studi (eventualmente multicentrici) che possano includere un maggior numero di pazienti affetti da vescica neurologica, sia per una più approfondita valutazione dei risultati sia per l’individuazione di un ideale schema di trattamento a lunga durata.

 

BIBLIOGRAFIA

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